Se è vero che la maggioranza degli italiani è moderata ma i partiti di centrodestra sono minoritari in Parlamento, vuol dire che il ceto politico di quell’area politica non è più affidabile. Scelte strategiche sbagliate, bizantinismi esasperati, incapacità di selezionare la classe dirigente, distanze siderali dalla base, numerosi casi di corruzione soprattutto in alcune regioni del Sud: tutto questo è stato il centrodestra negli ultimi anni, sorretto da un leader che ha regnato incontrastato senza preoccuparsi minimanente di preparare la strada a un suo successore.
Risultato? La liquefazione del centrodestra, che dà una stampella a un governo di centrosinistra (Ncd) e cede lo scettro dell’iniziativa politica agli estremisti (Lega e Fratelli d’Italia). Basta ascoltare le dichiarazioni dei vertici di Forza Italia in materia di temi etici per constatare l’eclissarsi, nel programma politico di quel movimento, di qualsiasi riferimento alla dottrina sociale della Chiesa e alla visione cattolica della società. Quando il ministro dell’interno Angelino Alfano, nei giorni scorsi, ha dichiarato guerra ai sindaci sulla trascrizione dei matrimoni gay celebrati all’estero, nessun esponente azzurro si è allineato. Viceversa, Vladimir Luxuria è stato ricevuto con tutti gli onori ad Arcore dalla coppia Berlusconi-Pascale come segnale di apertura, anzi di stimolo, all’approvazione di una legge sul riconoscimento delle coppie omosessuali. Davvero imbarazzanti questi atteggiamenti, corroborati dalle dichiarazioni ufficiali di molti esponenti forzisti, da Toti a Carfagna, ormai definitivamente conquistati alla “causa laicista”.
E poi ci sono le lotte fratricide tra perdenti. Due giorni fa il senatore D’Alì, siciliano come Angelino Alfano, ha abbandonato quest’ultimo per tornare con Berlusconi, avendo capito solo ora (ci ha impiegato tanto!) che «con Renzi non ci si può sedere ad un tavolo, ma solo prendere ordini da lui». Gli scricchiolii nel Nuovo centrodestra potrebbero proseguire. Si parla di altri sette senatori pronti al rientro in Forza Italia. Se ciò accadesse, a Palazzo Madama il governo Renzi non avrebbe più i numeri e bisognerebbe trovare una nuova maggioranza.
Rumors non confermati parlano di accordi tra Denis Verdini e i dissidenti alfaniani. Questi ultimi rientrerebbero in Forza Italia e di conseguenza farebbero cadere il governo in cambio della promessa di una rielezione nella prossima legislatura nelle file azzurre. Renzi, infatti, in quest’ipotesi ben difficilmente riuscirebbe a trovare sponde tra i grillini o nel gruppo misto e non potrebbe far altro che rassegnare le dimissioni nelle mani del capo dello Stato. Quest’ultimo si vedrebbe costretto a sciogliere le Camere e a indire nuove elezioni. A Renzi questo scenario andrebbe benissimo: potrebbe scaricare le colpe della caduta dell’esecutivo sulle risse nel centrodestra e presentarsi all’elettorato senza avversari credibili, stante l’incandidabilità di Berlusconi. L’elettorato con ogni probabilità lo premierebbe con una larga maggioranza di suoi fedelissimi (le liste le farebbe lui), al fine di dargli la possibilità di completare le riforme che, in caso di prematura fine della legislatura attuale, lascerebbe a metà, anzi a meno della metà.
Forza Italia sembra aver dunque promesso a Renzi di portargli in dote la “testa” di Alfano, uno degli ultimi ostacoli sulla via della realizzazione di tutti i punti del “Patto del Nazareno”: non solo le riforme, ma un capo dello Stato gradito anche al Cavaliere e un centrodestra senza cespugli ed elementi di disturbo come Ncd. Il ministro dell’interno ha capito da tempo il disegno e sta cercando in ogni modo di sopravvivere tenendo a bada le sue truppe, sempre più in fibrillazione. Una componente (Lupi, De Girolamo) punterebbe a una riconciliazione immediata con Forza Italia. L’ala più oltranzista (Lorenzin, Quagliariello, Cicchitto), piuttosto che tornare alla corte del Cavaliere, sarebbe disposta ad esplorare l’ipotesi di un accordo politico-elettorale con Renzi, confluendo addirittura nel Pd.
Ma tra i forzisti prevale l’istinto di vendetta nei confronti del “traditore Angelino” e quindi il rifiuto di alleanze organiche in tutt’Italia per le prossime elezioni regionali, al fine di vedere assottigliata ulteriormente la pattuglia di alfaniani all’interno delle istituzioni. Il centrodestra è sicuro di perdere ovunque, ed è per questo che Forza Italia punta più che altro a confermarsi come unica forza di opposizione di una certa consistenza. Dall’altra parte, Ncd, Ucd e residui di Scelta civica puntano a gruppi unici in Parlamento e a liste unitarie in periferia, al fine di contenere la diaspora e di non autocondannarsi all’insignificanza politico-elettorale.
Tutte queste manovre sanno di vecchia politica e alimentano ulteriore sfiducia nell’elettorato di centrodestra, privo ormai di riferimenti programmatici e di personale politico adeguato. Renzi da tempo sta cercando di spostarsi al centro dello schieramento politico, proprio per recuperare i voti in libera uscita da un centrodestra ormai alle corde. Sembra quasi che Berlusconi intenda assecondare questo disegno renziano, visto e considerato che, al di là dei proclami ufficiali, non sta in alcun modo facendo opposizione al governo. Forse ha ragione chi ritiene che l’ex Cavaliere il suo delfino ce l’abbia già: si chiama Matteo Renzi.
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