Fin dalla prima volta che ho avuto la grazia di incontrare papa Francesco, dopo soli 15 giorni dalla sua elezione, celebrando con lui la Messa nella casa Santa Marta, sono rimasto colpito dalla tenerezza con cui ha parlato e ha ascoltato padre Paolino e me. Sono stati minuti intensi, durante i quali abbiamo potuto conoscerci e sinteticamente riferirgli quello che la Divina Misericordia compie ad Asunción usando la fragilità di due sacerdoti senza alcun titolo accademico. Quello che ci ha detto lui non lo ricordo nemmeno: la commozione di sentirci abbracciati era più grande di tutte le parole pronunciate. Stavamo vivendo un momento molto difficile e avevamo bisogno solo della sua paternità.
Un anno dopo, il Nunzio apostolico mi ha detto: «Sono stato a far visita al Santo Padre, mi ha chiesto come stava padre Aldo e io ho dovuto rispondergli che non lo sapevo, perché era molto tempo che non lo vedevo. Sarebbe opportuno che tu stesso venissi in Italia con me per celebrare la Messa con il Papa e rispondere alla sua domanda». Il secondo incontro con il Vicario di Cristo è stato ancora più sorprendente del primo. È avvenuto l’8 gennaio 2015. C’era suor Sonia con me. «Santità – gli ho chiesto – quando verrà in Paraguay? Desidererei che lei venisse a benedire e inaugurare la clinica da poco costruita». Mi ha risposto, ripetendolo due volte: «Ma io vengo questo anno in Paraguay!». La notizia è arrivata immediatamente nel paese, tuttavia molti non mi credevano.
Sette mesi dopo il Papa è arrivato. Difficile immaginare che potesse ritagliare uno spazio nel programma per noi. Ma alle 11 di sabato 11 luglio mi ha chiamato il Nunzio apostolico: «Il Santo Padre tra le 14.30 e le 15 farà una visita alla clinica». Non potevo crederci.
Già molte ore prima del suo arrivo, la strada, gli alberi, i balconi e perfino i tetti delle case prospicienti la clinica erano stipati di giovani che aspettavano il Papa. Entusiasmo alle stelle. I bambini della scuola Pa’i Alberto e i ragazzi della scuola professionale Pa’i Lino, tutti con la divisa di gala, hanno formato due cordoni per tenere libero il passaggio e fare anche da chierichetti al Santo Padre. Il Papa è arrivato alle 15.30, e la grande quantità di persone, impazzite per questo regalo, ha messo a dura prova il servizio d’ordine. Tutti volevano toccarlo, chiedere la benedizione. Era uno scenario evangelico, perché dentro questa moltitudine c’erano infermi, poveri, persone che hanno bisogno di tutto. Come al tempo di Gesù, tutti desideravano toccarlo.
È stato un momento unico per me: accogliere nella mia casa il Vicario di Gesù. Siamo entrati in clinica e lui, dopo aver baciato alcuni infermi, con un mazzo di rose bianche si è diretto alla cappella del Santissimo, si è fermato alcuni minuti in adorazione, poi ha posto i fiori ai piedi dell’immagine della Madonna di Caacupé. Nel frattempo gli ammalati e i poveri lo aspettavano nel salone multiuso. Il suo incontro con loro è stato un evento di gioia: quando è entrato, vedendo tutte queste persone, ha allargato le braccia, come a manifestare il suo amore a ognuno, e ha impartito la benedizione a tutti.
Un’Idea in regalo
Prima di lasciare la clinica, dopo averla benedetta e inaugurata, mi ha detto una parola, la più importante per me e per la Fondazione: «Grazie padre, e avanti!». Non mi sento degno di questo “grazie”, perché io ero e sono un cucchiaio in mano a un Muratore, ma quell’imperativo, “avanti”, è per me e per i miei amici la certezza che questa opera è del Signore e non un capriccio o un progetto di padre Aldo. Il mio unico merito è stato di obbedire alla realtà, come luogo dove il Mistero manifesta la sua chiamata, attraverso segni e vocazioni particolari.
Prima di lasciare la clinica, dopo averla benedetta e inaugurata, mi ha detto una parola, la più importante per me e per la Fondazione: «Grazie padre, e avanti!». Non mi sento degno di questo “grazie”, perché io ero e sono un cucchiaio in mano a un Muratore, ma quell’imperativo, “avanti”, è per me e per i miei amici la certezza che questa opera è del Signore e non un capriccio o un progetto di padre Aldo. Il mio unico merito è stato di obbedire alla realtà, come luogo dove il Mistero manifesta la sua chiamata, attraverso segni e vocazioni particolari.
Quella di papa Francesco è stata una visita tanto desiderata quanto insperata. Come insperato è stato il regalo che ci ha fatto, donandoci la Fiat Idea, la vettura utilizzata in Paraguay in alternativa alla papamobile. Lunedì 13 luglio il Nunzio mi ha chiamato dicendomi: «Papa Francesco mi ha detto di regalare l’auto ai poveri della Fondazione San Rafael». La notizia è stata oggetto di interesse, non solo da parte dei miei poveri, ma anche dei media che non potevano credere che fosse vera la decisione del Santo Padre. Anche per me è stata una sorpresa: chi sono io perché il Papa mi consegni l’auto utilizzata nella sua permanenza in Paraguay?
Invito i lettori a pregare per me, affinché nulla sia cancellato dalla mia mente, dal mio cuore: la sorpresa che il Papa mi ha fatto visitando la mia numerosa famiglia, in particolare i malati terminali, i bambini vittime di abusi e violenza.
paldo.trento@gmail.com
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