- Andrea Balarin.
Andrea Balarin è morto il 20 ottobre in un incidente. Sabato scorso, c'erano duemila persone per salutare, all'oratorio del Villaggio Giovi, un amico che «ci sarà sempre più amico»
Sabato 24 ottobre, all’oratorio della parrocchia del Sacro Cuore di Limbiate, c’erano più di duemila persone, tra amici, parenti, colleghi ed ex compagni di università, per i funerali di Andrea Balarin, morto lo scorso martedì in un incidente stradale.
«”Balla” ci è amico e ci sarà sempre più amico: ci testimonia che il valore della nostra vita è tutto in questo istante, nel rapporto con Cristo». Sono le parole di don Pierluigi Banna, molto vicino ad Andrea e alla sua famiglia, che sottolinea come il dolore, all’apparenza insormontabile, sia proprio il luogo dove «si impone lo spiraglio di una certezza». E a dare prova di ciò sono l’esistenza del giovane di Limbiate, che «dava la vita per Gesù», accompagnata dalle testimonianze dei familiari, da mamma Luciana, che gli ha dedicato un canto, alla sorella Maria Grazia: «È paradossale, ma in questo momento mi sento amata come mai mi è capitato nella vita».
Il testo dell'omelia di don Pierluigi
La morte di un caro amico, la morte di un figlio, la morte di un fratello ci riempie di un dolore che quasi sembra lasciarci senza fiato. Sembra che non ci sia altro spazio se non per il solo dolore, perché fino a martedì c’era e poi improvvisamente non c’è più.
Eppure questo dolore non è del tutto cieco, privo di direzione, muto di domande, senza un giudizio. Il dolore, la nostalgia, il senso di vuoto, se non sono guardati in faccia, in questo momento, rischiano di riempire l’orizzonte dei nostri giorni oggi, apparendo come qualcosa di totalizzante e insormontabile; ma poi, un domani svaniranno, portandosi via il ricordo del nostro amico Balla, lasciandolo nella memoria del passato, nell’ingiusta dimenticanza cui soccombe la storia umana.
Ma c’è un’alternativa. Non siamo destinati a essere sopraffatti dal dolore oggi e a commemorare domani. Proprio l’atrocità e l’ingiustizia del dolore possono non lasciarci in silenzio e farci gridare che non può essere finito tutto così, che qui non c’è tutto. Per come Balla ha vissuto, per quello che abbiamo visto e vissuto con lui, nel buio del dolore s’impone lo spiraglio di una certezza: non può finire tutto qui. Questo giudizio è sostenuto da tutte quelle volte in cui abbiamo riconosciuto in Balla quella simpatia di Pietro che dà un passaggio a Gesù sulla sua barca. Quella simpatia che riconosce di non aver preso nulla per tutta la notte, che gli fa buttare le reti sulla parola di Gesù e poi pronta, piena di stupore e commozione, si getta in ginocchio davanti a Lui.
Ognuno di noi deve scegliere, se farsi sopraffare dal sentimento del dolore o dare credito a questo giudizio, per quanto embrionale, che afferma ciò che Balla ha cercato tutta la vita, anche quando sbagliava. Noi possiamo sfidare il dolore chiedendoci: ma per chi ha dato la vita Andrea? Se noi lo avessimo fermato per strada, anche se – mettiamo il caso – pieno di confusione, e gli avessimo chiesto: «Ma tu, Balla, per chi stai dando la vita?», lui ci avrebbe subito risposto: «Per Gesù!». Ne sono sicuro.
Qualche mese fa, infatti, scriveva a una sua amica: «Sono tutto scalcagnato, ma posso amare con una potenza che mi supera da tutte le parti! Metti che morissi ora, ritrovandomi davanti a Gesù per il giudizio sulla mia vita. Lui mi chiederebbe: “Balla, mi ami tu?”. Io potrei rispondergli: “Guarda, Gesù, io ho amato le persone che mi hai concesso di amare e di questo ti ringrazio. Di più non ho potuto”. Lui prenderebbe il timbro con su scritto ‘salvo’ e lo schiaccerebbe sulla mia pratica, poi mi direbbe: “Un caso di immedesimazione imperfetta. Sommato ai peccati veniali fanno diecimila anni di purgatorio. Va’, quando uscirai sarò lì ad aspettarti”. Quello che non potevo immaginare, però, è stata la scoperta di Colui che mi concede questa potenza. Non ho mai percepito il Mistero così chiaramente, così fuor di ragionamento, non ho mai dialogato così direttamente con Lui come in questi due giorni. Altro che concatenazione di argomenti! Lui è qui, dietro la piega dei miei pensieri. Allora la mattina, a Messa, durante la Comunione, ho voluto pregare per questo. Mi è venuta in mente solo una richiesta da farGli, che non so neanche se esiste in italiano: “Siici!”. Che commozione sapere che c’è Uno che mi vuole più bene di quanto io ne riesca a volere, e che ha voluto darmi un assaggio di cosa può fare di me!».
Questo giudizio che lui ha dato sulla sua vita, messa di fronte al Mistero, come la vita di Pietro pieno di stupore e di commozione di fronte a Gesù, è la più grande testimonianza che Balla ci ha dato per stare di fronte al dolore della sua mancanza, al dolore della sua morte.
In questo suo giudizio “siici!”, Balla ci è amico e ci sarà amico: non lo commemoreremo e basta, ma lo sentiremo, nel tempo, sempre più amico. Lui ci testimonia che il valore della nostra vita è tutto nell’istante vissuto con una densità vocazionale. A volte Balla s’interrogava su cosa avrebbe fatto della sua vita, su quale donna avrebbe sposato, su come avrebbe potuto amare veramente, su come avrebbe aiutato in futuro i suoi fratelli e la sua famiglia, su quale lavoro fosse appropriato per lui. Forse c’erano ancora tante cose da capire, tante non chiare, da sistemare. E invece no. La sua morte improvvisa richiama tutti noi che una vita non è compiuta in base alla realizzazione dei nostri progetti (il lavoro, la vocazione, la famiglia), ma la vita è compiuta se in ogni istante – al mattino quando mi alzo dal letto, di fronte alla tua faccia, come di fronte ad una macchina che mi arriva addosso – io, colto di sorpresa dalla domanda: «Ma tu, per chi vivi?», posso rispondere, dicendo: «Siici, tu, Signore». La vita compiuta è la vita di uno che nell’istante che oggi e domani gli tocca vivere, risponderebbe come Balla: «Siici»; o come Pietro, che ha detto: «Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene».
Ciao, caro amico! Adesso tu come Pietro, «tirata la tua barca a terra, hai lasciato tutto, e lo hai seguito». Adesso che lo stai seguendo, mentre gli parli dei tuoi fratelli, dei tuoi genitori e di tutti tuoi amici, per prepararci in cielo un posto dove ci rincontreremo tutti – e sarà una grande festa! – prega per noi, perché ogni giorno possiamo, come te, dire il nostro sì, il nostro “siici”, dentro le circostanze più banali e impreviste per cui il Signore ci farà passare.
«”Balla” ci è amico e ci sarà sempre più amico: ci testimonia che il valore della nostra vita è tutto in questo istante, nel rapporto con Cristo». Sono le parole di don Pierluigi Banna, molto vicino ad Andrea e alla sua famiglia, che sottolinea come il dolore, all’apparenza insormontabile, sia proprio il luogo dove «si impone lo spiraglio di una certezza». E a dare prova di ciò sono l’esistenza del giovane di Limbiate, che «dava la vita per Gesù», accompagnata dalle testimonianze dei familiari, da mamma Luciana, che gli ha dedicato un canto, alla sorella Maria Grazia: «È paradossale, ma in questo momento mi sento amata come mai mi è capitato nella vita».
Il testo dell'omelia di don Pierluigi
La morte di un caro amico, la morte di un figlio, la morte di un fratello ci riempie di un dolore che quasi sembra lasciarci senza fiato. Sembra che non ci sia altro spazio se non per il solo dolore, perché fino a martedì c’era e poi improvvisamente non c’è più.
Eppure questo dolore non è del tutto cieco, privo di direzione, muto di domande, senza un giudizio. Il dolore, la nostalgia, il senso di vuoto, se non sono guardati in faccia, in questo momento, rischiano di riempire l’orizzonte dei nostri giorni oggi, apparendo come qualcosa di totalizzante e insormontabile; ma poi, un domani svaniranno, portandosi via il ricordo del nostro amico Balla, lasciandolo nella memoria del passato, nell’ingiusta dimenticanza cui soccombe la storia umana.
Ma c’è un’alternativa. Non siamo destinati a essere sopraffatti dal dolore oggi e a commemorare domani. Proprio l’atrocità e l’ingiustizia del dolore possono non lasciarci in silenzio e farci gridare che non può essere finito tutto così, che qui non c’è tutto. Per come Balla ha vissuto, per quello che abbiamo visto e vissuto con lui, nel buio del dolore s’impone lo spiraglio di una certezza: non può finire tutto qui. Questo giudizio è sostenuto da tutte quelle volte in cui abbiamo riconosciuto in Balla quella simpatia di Pietro che dà un passaggio a Gesù sulla sua barca. Quella simpatia che riconosce di non aver preso nulla per tutta la notte, che gli fa buttare le reti sulla parola di Gesù e poi pronta, piena di stupore e commozione, si getta in ginocchio davanti a Lui.
Ognuno di noi deve scegliere, se farsi sopraffare dal sentimento del dolore o dare credito a questo giudizio, per quanto embrionale, che afferma ciò che Balla ha cercato tutta la vita, anche quando sbagliava. Noi possiamo sfidare il dolore chiedendoci: ma per chi ha dato la vita Andrea? Se noi lo avessimo fermato per strada, anche se – mettiamo il caso – pieno di confusione, e gli avessimo chiesto: «Ma tu, Balla, per chi stai dando la vita?», lui ci avrebbe subito risposto: «Per Gesù!». Ne sono sicuro.
Qualche mese fa, infatti, scriveva a una sua amica: «Sono tutto scalcagnato, ma posso amare con una potenza che mi supera da tutte le parti! Metti che morissi ora, ritrovandomi davanti a Gesù per il giudizio sulla mia vita. Lui mi chiederebbe: “Balla, mi ami tu?”. Io potrei rispondergli: “Guarda, Gesù, io ho amato le persone che mi hai concesso di amare e di questo ti ringrazio. Di più non ho potuto”. Lui prenderebbe il timbro con su scritto ‘salvo’ e lo schiaccerebbe sulla mia pratica, poi mi direbbe: “Un caso di immedesimazione imperfetta. Sommato ai peccati veniali fanno diecimila anni di purgatorio. Va’, quando uscirai sarò lì ad aspettarti”. Quello che non potevo immaginare, però, è stata la scoperta di Colui che mi concede questa potenza. Non ho mai percepito il Mistero così chiaramente, così fuor di ragionamento, non ho mai dialogato così direttamente con Lui come in questi due giorni. Altro che concatenazione di argomenti! Lui è qui, dietro la piega dei miei pensieri. Allora la mattina, a Messa, durante la Comunione, ho voluto pregare per questo. Mi è venuta in mente solo una richiesta da farGli, che non so neanche se esiste in italiano: “Siici!”. Che commozione sapere che c’è Uno che mi vuole più bene di quanto io ne riesca a volere, e che ha voluto darmi un assaggio di cosa può fare di me!».
Questo giudizio che lui ha dato sulla sua vita, messa di fronte al Mistero, come la vita di Pietro pieno di stupore e di commozione di fronte a Gesù, è la più grande testimonianza che Balla ci ha dato per stare di fronte al dolore della sua mancanza, al dolore della sua morte.
In questo suo giudizio “siici!”, Balla ci è amico e ci sarà amico: non lo commemoreremo e basta, ma lo sentiremo, nel tempo, sempre più amico. Lui ci testimonia che il valore della nostra vita è tutto nell’istante vissuto con una densità vocazionale. A volte Balla s’interrogava su cosa avrebbe fatto della sua vita, su quale donna avrebbe sposato, su come avrebbe potuto amare veramente, su come avrebbe aiutato in futuro i suoi fratelli e la sua famiglia, su quale lavoro fosse appropriato per lui. Forse c’erano ancora tante cose da capire, tante non chiare, da sistemare. E invece no. La sua morte improvvisa richiama tutti noi che una vita non è compiuta in base alla realizzazione dei nostri progetti (il lavoro, la vocazione, la famiglia), ma la vita è compiuta se in ogni istante – al mattino quando mi alzo dal letto, di fronte alla tua faccia, come di fronte ad una macchina che mi arriva addosso – io, colto di sorpresa dalla domanda: «Ma tu, per chi vivi?», posso rispondere, dicendo: «Siici, tu, Signore». La vita compiuta è la vita di uno che nell’istante che oggi e domani gli tocca vivere, risponderebbe come Balla: «Siici»; o come Pietro, che ha detto: «Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene».
Ciao, caro amico! Adesso tu come Pietro, «tirata la tua barca a terra, hai lasciato tutto, e lo hai seguito». Adesso che lo stai seguendo, mentre gli parli dei tuoi fratelli, dei tuoi genitori e di tutti tuoi amici, per prepararci in cielo un posto dove ci rincontreremo tutti – e sarà una grande festa! – prega per noi, perché ogni giorno possiamo, come te, dire il nostro sì, il nostro “siici”, dentro le circostanze più banali e impreviste per cui il Signore ci farà passare.
Discorso della mamma: Il Signore mi ha onorata in questi 29 anni di essere la madre di
questo figlio particolare. Ho saputo che non poteva essere solo
mio fin dall'inizio quando, a due ore dal parto il Signore se lo
voleva già prendere, ma ha ascoltato il nostro grido e ce l'ha
lasciato quasi trentanni.
L'abbiamo condiviso col Mistero. Ma non era fatto per stare qui,
tutto nella sua vita
tendeva ad altro, non gli stava niente nelle mani, gli cadeva tutto,
noi gli stavamo stretti, ma ha allietato la nostra vita con la capacità
sua particolare di arrivare sempre in profondità nel leggere la
realtà facendoci stupire ogni giorno che l'abbiamo potuto avere tra
noi e spesso facendo esplodere una ironia ed umorismo che mi
salvavano per giorni e giorni.
L'abbiamo condiviso ma era Suo, ce l'ha lasciato ma per allietarci,
ce l'ha tolto, sia benedetto Dio che sa il nostro bene.
Sia ringraziato Dio per la compagnia di amici in cui ha incontrato
Cristo vivo che ha reso perfetto e compiuto il suo desiderio.
A loro come figli miei voglio offrire come dono questo canto nato
per ragazzini e composto dal nostro amico Paolo senza sapere a
cosa sarebbe servito: per me ogni giorno di attesa di lui sarà come
mille anni, vivrò questi giorni dilatati cercando i segni del suo
intervento in casa e fuori, lui che per me era Cristo da amare.
Ho ancora tanto da amare ogni giorno cercando il Volto di Colui
che ha reso finalmente felice e compiuto il mio “condiviso con
Lui” Andrea.
Dio nostra giustizia! Fa' che il nostro sacrificio conduca tanti altri
a conoscerTi.
Discorso della sorella Maria Grazia al funerale di Andrea 24 ottobre 2015
Vi ringrazio uno ad uno per la vostra presenza e per le vostre preghiere che in questo
momento che ci stanno sostenendo.
Volevo dirvi solo due parole su ciò che in questi giorni il Signore mi sta mostrando.
Quando mi hanno chiesto se volevo vedere Andrea in obitorio ho risposto di no.
Quello ormai è un corpo.
Io non voglio rinchiuderlo in un ricordo, io voglio farne memoria, guardando la realtà
con gli occhi spalancati. Ecco guardatevi ora: questo è Andrea, questo è ciò che mi
sta mostrando ora Cristo.
È presente nelle amicizie che si riallacciano, che si approfondiscono, negli amici che
si stanno prendendo cura di me.
E come posso quindi non dire di sì alla proposta che mi sta facendo Dio, se i primi
piccoli frutti sono questi. Sono circondata dalla bellezza del vostro amore. È
paradossale, ma in questo momento mi sento amata come mai mi è capitato nella vita.
A voi amici più cari, ora più che mai, vi chiedo di stare vicini a me e alla mia
famiglia, per sostenerci e aiutarci nella vita quotidiana.
Non piangete lacrime amare! Desiderate, invece, ardentemente anche per voi stessi
ciò che Andrea ha avuto la Grazia di ottenere: il Paradiso.
Grazie di cuore.
In questi ultimi giorni dopo la sua morte abbiamo vissuto la compagnia di un mondo
di suoi amici che ha riempito la chiesa tanto da non riuscire ad entrare.
Questo ci ha fatto comprendere, come qualcuno di loro ci ha detto, che la sua vita è
stata missionaria per tutti i rapporti che ha saputo costruire intorno a sè.
Nella immaginetta che vogliamo distribuire vogliamo scrivere “Beati i puri di cuore
perché vedranno Dio”. Abbiamo sempre verificato la purezza del suo cuore,
l'intelligenza profondissima che arrivava a cogliere i lati più umoristici della vita, la
sensibilità verso chiunque lo incontrasse, un animo cristallino.
Abbiamo ricevuto un grande regalo che è durato 30 anni. Siamo smarriti ma certi che
Andrea è con i santi e che ci aiuterà in questa vita così dura ma piena della Grazia di
Dio.
Attendiamo il momento del funerale come una festa per lui, un po' strana per noi,
sapendo che la Chiesa che è madre saprà accogliere tutto il nostro dolore che
offriamo perché il mondo conosca Cristo, unico senso di ogni vita.
Luciana
DISCORSO del fratello LUCA AL FUNERALE DI ANDREA 24 OTTOBRE 2015Dal rapporto con mio fratello Andrea ho imparato a crescere, ho imparato a ridere e a scherzare.
Ho anche capito in questi giorni che oltre a volere molto bene a me, voleva un sacco di bene a tutta la mia famiglia e a tutti i suoi amici. Mi ha colpito molto vedere quanta gente c'era mercoledì sera alla messa e qui oggi. Quindi io lo ricorderò sempre come una persona buona, capace di volere bene in un modo che mi ha sempre stupito e che mi stupisce ancora adesso.
Sento la mancanza del suo umorismo e soprattutto della sua presenza ma gli amici ci sono stati molto vicini e questo ha aiutato molto sia me che la mia famiglia.
Perciò ringrazio tanto tutte le persone che ci sono state vicine in questi giorni difficili grazie alle quali io e la mia famiglia continuiamo a ricevere il bene di cui abbiamo bisogno.
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