A poche ore dal Natale, iniziato proprio dal luogo della Nativitá il viaggio degli ambrosiani in Terra Santa. L'incontro con padre Pizzaballa e il dramma dei cristiani costretti a lasciare la loro terra
Un pellegrinaggio cominciato da dove tutto ebbe inizio, da quel Mistero celebrato nella fede poche ore prima, nel Natale, nel Duomo di Milano o in una delle mille parrocchie della Diocesi da cui provengono i 350 partecipanti a questa esperienza in Terra Santa guidata dal cardinale Angelo Scola.
Da Betlemme ha preso inizio per gli ambrosiani questo viaggio della fede e per tutti il primo gesto compiuto è stata la discesa nella grotta della natività: per sostare in preghiera laddove Gesù è nato.
«Tutti siamo passati dal luogo in cui la grande tradizione dice essere il punto in cui Maria e Giuseppe hanno posto Gesù appena nato» ha ricordato il cardinale Scola.
«Qui il verbo si è fatto carne: questo leggiamo nella grotta. Qui: questo termine è segno di grande concretezza. Dobbiamo recuperare alla nostra autentica fede in questo pellegrinaggio la natura di avvenimento del cristianesimo».
Non un evento del passato la nascita di Gesù a Betlemme, non un'occasione di meditazione, di elevazione spirituale, spiega nell'omelia della Messa che il cardinale Scola presiede nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù, retta dai Salesiani di Betlemme, concelebrata dal vescovo ausiliare monsignor Pierantonio Tremolada, dal vicario episcopale della zona di Sesto san Giovanni monsignor Piero Cresseri e dai 15 sacerdoti che accompagnano i pellegrini.
Parlando dell'incarnazione di Dio in Gesù Cristo Scola ha mostrato come «questa natura di avvenimento è stata smarrita per troppi secoli. È stata recuperata dal Concilio, è stata annunciata dal magistero degli ultimi papi. Ma nelle nostre comunità rischiamo di ridurre l'avvenimento di Gesù ad un'idea. In realtà con l'Incarnazione Dio si è fatto uomo come noi, concretamente».
Ecco quindi il senso più profondo del pellegrinaggio: «noi siamo qui per calcare i luoghi che Lui ha calcato, laddove Dio si è fatto uno come noi per essere la via, la verità e la vita. Vogliamo portare a casa da questa esperienza una fede rinnovata dalla consapevolezza che Dio è vicino, come a noi sono vicini il marito, la moglie, i figli».
Perché la questione decisiva è fare di Cristo un'esperienza reale, autentica, attuale: «Con la venuta di Gesù nella carne, Dio diventa contemporaneo ad ogni uomo e ad ogni uomo in ogni tempo. Se Gesù non fosse un mio contemporaneo non potrebbe essere il mio salvatore. Per questo dobbiamo recuperare l'avvenimento di Gesù che qui a Betlemme sentiamo forte: se lo riduciamo ad una idea non può salvarmi».
Da questa consapevolezza deriva, secondo il cardinale Scola, un impegno chiaro: «Ecco che emerge la forza della parola e dell'esperienza della testimonianza. In questo luogo santo dobbiamo lasciarci raggiungere da questo avvenimento. Non siamo qui per macinare idee o ragionamenti. Qui noi possiamo renderci conto che, anello dopo anello, ci é dato di risalire fino al gruppo dei primi discepoli che si strinsero intorno a Gesù. Questo dato è fisicamente vero: attraverso questa catena di testimoni Dio ora arriva a ciascuno di noi. Per questa strada sperimentiamo come Gesù ci sia ora contemporaneo».
E le conseguenze di questa scoperta portano lontano: «Questa fede deve arrivare fino alla proclamazione, all'annuncio, comunicando come Gesù cambia la nostra vita. Una proclamazione da compiere con semplicità nel quotidiano, nel lavoro, in famiglia».
E proprio a Betlemme questa proclamazione della presenza quotidiana del Signore c'è chi la vive drammaticamente, come ha spiegato alla fine della Messa il custode di Terra santa padre Pierbattista Pizzaballa che ha portato la sua testimonianza ai pellegrini ambrosiani.
«Qui le difficoltà per i cristiani non mancano, anche se la situazione è meno grave rispetto a quella che vivono i fratelli nei Paesi vicini. Ma anche in Palestina i cristiani sono rimasti in pochi, ormai siamo l'uno per cento della popolazione. Proprio in questi giorni altre 19 famiglie cristiane se ne sono andate per sempre da Betlemme. Chi ha i mezzi economici se ne va, restano solo i cristiani poveri Se ne vanno proprio coloro che qui hanno qualche ruolo nella vita sociale ed economica e potrebbero fare qualcosa per i loro fratelli cattolici. E così per noi la situazione si aggrava giorno dopo giorno».
Ed è tanto quello che tutti possono fare per loro. Racconta Pizzaballa: «I molti gemellaggi che le parrocchie di Milano hanno in corso con le nostre comunità ci sostengono e aiutano molto, sono parecchio importanti. Non ci fanno sentire soli e abbandonati».
Il Custode di Terra santa ha ringraziato i pellegrini ambrosiani: «Siete tra i pochi gruppi presenti qui quest'anno nel periodo di Natale Le tensioni a Gaza purtroppo scoraggiano i viaggi. È bello vedere qui oggi la chiesa di Milano che ha legami storici con quella di Gerusalemme.
Anzitutto perché portate lavoro: molte famiglie cristiane vivono di questo, e il lavoro dona dignità. Inoltre, quando per le vie di Betlemme ci sono molti pellegrini, la presenza dei cristiani è concreta, viva, e agli occhi di tutti gli altri noi acquistiamo maggiore rilevanza e considerazione nella vita sociale e religiosa».
Al termine della sua testimonianza padre Pizzaballa ha ricevuto in dono dalle mani del cardinale Scola una reliquia del Beato Paolo VI, già arcivescovo di Milano, a sua volta protagonista dello storico pellegrinaggio in Terra santa cinquanta anni fa.
Il programma del pellegrinaggio messo a punto dall'agenzia «Duomo Viaggi» prevede per la seconda giornata, domenica 28 dicembre, la tappa a Gerusalemme sui luoghi della Passione di Cristo.
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