sabato 17 maggio 2014

Omelia di don Carlo Venturin 5^ di Pasqua – 18/5/2014

Atti 10…               La Chiesa agli inizi scopre sempre realtà in divenire, perciò soluzioni ardite
Salmo 66             “Grandi sono le opere del Signore”
Fil 2, 12-16          figli/e di Dio, come astri nel vasto mondo
Gv 14, 21-24       Amore come è inteso da Dio

Se Dio non mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio” (Etty Hillesum)

Continua il messaggio del Risorto in questi “Santi cinquanta giorni”. Oggi forse il più immediato, ma anche il più “opinabile”: “AMARE”. Il cristiano emerso dalla Pasqua non può che essere “amante”. Siccome la parola  si presta a tanti equivoci, interpretazioni, pratiche, il credente nel Figlio di Dio risale al significato originario, che la Liturgia odierna presenta; Amore è DONARE: “Dio ha tanto amato il mondo da donare il Suo Figlio”, “chi osserva i suoi comandamenti, ama”. Per sette volte la Parola-Verbo AMORE è espressa da Giovanni; chi è “amante” dimora in Dio: “verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”, cioè l’amante possiede l’amato.

La prima lettura “spiega” l’amore di Dio: “Non fa preferenza di persone… a qualunque nazione appartenga”. L’episodio narrato sembra di immediata semplicità; Pietro, molto restio in precedenza, perché “preferiva” i Giudeo-Cristiani, si apre al campo-mondo; lo Spirito Santo è per tutti, perciò il Battesimo anche per il centurione romano. I fedeli “si stupirono” dell’apertura universale, sono invitati ad amare ogni creatura, “perché grandi sono le opere del Signore”, perciò vanno amate, coltivate, curate, ascoltate, conosciute, sentite parte di sé (Salmo). Con immagini poetiche Paolo invita i Filippesi ad amare: “In mezzo a loro risplendete come astri”, “figli di Dio innocenti”, “secondo il suo disegno di amore”: Dio è l’AMORE, perciò è la sorgente cui attingere, il modello: “Come io vi ho amato, amatevi”; chi ama secondo il Risorto non fa preferenze di persone, non guarda la nazionalità, è figlio/a di Dio, è astro nel mondo, obbedisce alla Parola, annuncia la pace, è misericordioso, segue l’unico Pastore: si è Chiesa di Cristo per la vita del mondo e non per la sua distruzione; se si costruisce si ama, se si distrugge si odia. E’ il “ritornello” di Giovanni, il discepolo che Gesù amava (Vangelo).

Il Risorto afferma: “Vi ho dato l’esempio”, “siate esecutori della Parola”. Molti esempi-modelli di amore eroico sono presenti nel mondo, conosciuti o no. Ne riporto uno che può suscitare emulazione. Una donna ebrea, olandese, nel suo diario esprime sentimenti e drammi vissuti nel ghetto ebraico olandese dal 1941 al 1943, poi deportata al campo di sterminio ad Auschwitz, morta il 30 novembre 1943. Dal treno fu gettata una cartolina raccolta da contadini: “Abbiamo lasciato il campo cantando”. Nel ghetto svolge la funzione di infermiera e così si esprime: “Quanto sono grandi le necessità delle creature terrestri, mio Dio. Ti ringrazio perché lasci che tante persone vengano a me con le loro pene… scopro persone disperate. A quel punto cominciano i miei problemi. Non basta predicarti, non basta disseppellirti dai cuori altrui. Bisogna aprirti la via ed essere conoscitore dell’animo umano, ognuno è una dimora consacrata a te… Ci sono tante case vuote, te le offro come all’ospite più importante”; devo dare una casa a Dio! Così “non possono essere nelle grinfie di nessuno, perché sono nelle tue braccia”.

L’affermazione più sconvolgente, che precisa il modo di amare, in quelle situazioni: “E se Dio non mi aiuterà più, allora sarò io ad aiutare Dio”. Da questo stato d’animo eleva la sua preghiera alla Domenica mattina: “Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi… di notte davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto che ogni giorno cercherò di aiutarti, affinchè tu non venga distrutto in me… Una cosa diventa sempre più evidente in me e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi e anche l’unica che conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Forse riusciamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali, ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. Quasi a ogni battito del mio cuore cresce la certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi (amore del prossimo). Pensando a questo dialogo con te, ti impedirò di abbandonarmi. Con me vivrai anche tempi magri, mio Dio, tempi scarsamente alimentati dalla mia povera fiducia; credimi, io continuerò a lavorare per te e a esserti fedele e non ti caccerò dal mio territorio, che è il mondo reietto in cui vivo ora: amando gli altri amo te”. “Anche se ora sono nell’inferno, devo fiorire e dare frutti, in qualunque terreno si sia piantati. Certo è il nostro totale annientamento! Sopportiamolo con grazia”.
E’ l’amore divino germogliato nel terreno umano, anche il più ripugnante.



Don Carlo

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