mercoledì 13 ottobre 2010

OGNI VOLTO È VOLTO SACRO - dove va a finire 'la persona' se non vedia­mo più qualcosa di sacro nel volto 'delle persone'?



Il poeta Rilke s’imbatte in una elemosinante. L’a­mico che lo accompagna le dà uno spicciolo. Rilke tira dritto, ma giunto presso un fioraio compra una rosa e di ritorno solleva la donna e gliela regala. Il poeta coglie la sacralità ferita di quella donna, difen­de la sua dignità di 'amata', sacralità e dignità che l’anonimo spicciolo privo di uno sguardo negli occhi non riesce ad abbracciare e restituire. I poeti, con i bambini e i santi, sono i custodi del mistero. «Ora che nelle fosse / con fantasia ritorta / e mani spudorate dalle fattezze umane l’uomo lacera / l’immagine di­vina »: un altro poeta, Ungaretti, scorge, nelle depor­tazioni della II guerra mondiale, mani folli che strap­pano via dal volto umano ciò che lo rende umano: l’essere immagine di Dio.

Di questo dobbiamo parlare quando accadono eventi meno apocalittici, ma non meno tragici come il co­ma del tassista o della donna rumena sfigurati da ma­ni folli. Si leveranno malinconiche voci a significare nella modalità del piagnisteo o dello sdegno che la ci­viltà è al capolinea... Si girerà, in modo politicamen­te corretto, attorno all’unico vero problema centrato dai poeti: dove va a finire 'la persona' se non vedia­mo più qualcosa di sacro nel volto 'delle persone'? La perdita del senso del sacro nel quotidiano è la più grande tragedia della cultura contemporanea, la tra­gedia che ha causato nel secolo più ateo della storia due guerre mondiali.

Tutti inorridiamo di fronte a casi come quelli descritti. Ma tutti noi, convinti di essere signori di minuscoli regni, soli al centro del creato, disprezziamo le per­sone che affollano il 'nostro' vagone del metrò, in­tralciano la 'nostra' coda al supermercato. Tutte le volte che non riusciamo a scorgere nell’altro una per­sona degna di tutta la nostra attenzione, la dimi­nuiamo e diventiamo potenziali 'omicidi'. Ma esi­ste un antidoto. La novità del cristianesimo, la vera buona notizia, è che Dio ha un volto umano e tutti gli uomini hanno quello stesso volto. Non è questione di 'tolleranza'o 'simpatia', assolutamente insufficienti a sentire la realtà dell’altro tutto intero, ma è questione di 'em­patia': sentire l’altro come qualcuno dotato della mia stessa dignità. Nella coda al supermercato la donna piena di pacchi non è una potenziale nemica da scon­figgere, ma qualcuno che ha una storia sacra, perché la storia di ogni uomo è sacra, perché quell’uomo è voluto dall’eternità da Dio. Questa è la configurazione esistenziale di base del cristiano. Solo il cristianesimo ha la pretesa folle di trasformare quelli nel traffico con me da nemici da eliminare a figli dello stesso Padre e quindi fratelli con difficoltà e problemi importanti per­sino più dei miei. Persona: volto di Dio. Per gli antichi era solo la ma­schera dell’attore. Cristo ha reso quella maschera il volto stesso di Dio, riconoscibile più direttamente nel debole (l’anziana in piedi, l’elemosinante in ginocchio, il barbone coricato...), ma presente in ogni volto uma­no (il manager abbronzato, lo studente svogliato, la portinaia chiacchierona...). Persona deriva dal lascia­re passare il suono della voce amplificandolo (per-so­nare): con la venuta di Dio in un volto la persona si riempie della voce stessa di Dio. Il volto dell’uomo am­plifica l’immagine di Dio e lo rende tangibile.

Una cultura, priva del mistero cristiano, non perde Dio, ma perde l’uomo, suo vero volto. Non è un caso che Benedetto XVI abbia parlato nel recente documento 'Ovunque e sempre' della necessità di una nuova e­vangelizzazione, non solo dove il volto di Cristo non è noto, ma soprattutto dove è stato sradicato: «Si è veri­ficata una preoccupante perdita del senso del sacro, giungendo persino a porre in questione quei fonda­menti che apparivano indiscutibili... Se tutto ciò è sta­to salutato da alcuni come una liberazione, ben pre­sto ci si è resi conto del deserto interiore che nasce là dove l’uomo, volendosi unico artefice della propria na­tura e del proprio destino, si trova privo di ciò che co­stituisce il fondamento di tutte le cose».
Un pagano scorgendo il modo di comportarsi dei pri­mi cristiani commentava: «Guarda come si amano!». Riportare nella maschera vuota di una cultura senza Dio la pienezza del volto di Cristo e quindi del Crea­tore è il compito dei cristiani anche oggi, in una cul­tura secolarizzata che, come diceva il poeta: «Per pen­sarti, Eterno, / non ha che le bestemmie»
ALESSANDRO D’AVENIA -Avvenire

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