venerdì 15 agosto 2014

Meditazione dei Misteri Gloriosi del SANTO ROSARIO


Meditazione dei Misteri Gloriosi del
SANTO ROSARIO
In occasione del LX di sacerdozio di mons. Francesco Ventorino
Nella vigilia della Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria
di don Pierluigi Banna

INTRODUZIONE

Questa sera, alla vigilia della Solennità dell’Assunzione, ricordiamo il LX di sacerdozio di don Ciccio. La ripetizione della preghiera dell’Ave Maria, da secoli compagna al cammino del popolo cristiano, ci aiuti ad immedesimarci con i sentimenti della vergine di Nazareth: la sua umile familiarità col Verbo fatto carne, la sua docile disponibilità al Figlio di Dio divengano sempre più espressione della nostra coscienza di cristiani: siamo uomini peccatori per i quali Dio si è fatto uomo. Per questa coscienza, per «il solo fatto di essere cristiani» alcuni nostri fratelli sono oggi perseguitati, «costretti a lasciare tutto e a fuggire dalla loro terra. Per questa comune coscienza, così viva nella carne di Maria e testimoniataci dal fecondo sacerdozio di don Ciccio, questa sera «vorremmo portare [anche] noi un poco del peso di intolleranza, incomprensione e violenza che il mondo che rifiuta Cristo carica sulle spalle dei nostri fratelli».
Potrà capitare di scoprirci distratti, non all’altezza di questa coscienza, presi dalla piccolezza dei nostri pensieri o dall’angustia delle nostre preoccupazioni. Ma sarà sempre possibile rimetterci al passo e come mendicanti riprendere a recitare il Rosario, lasciandoci guidare - come accade nella vita - dal coro della comunità. “Prega per noi santa Madre di Dio, perché diventiamo degni delle promesse di Cristo”. Siamo sempre indegni delle promesse di Cristo, ma sempre in cammino, sempre pronti a rimetterci al passo, perché la Sua promessa non viene mai meno. Dal giorno del nostro Battesimo, il seme inestirpabile della promessa di Cristo si è posto nella nostra vita. Egli ci assicura sempre un brandello di comunità, un segno della sua presenza nella storia a cui aggrapparci per rimetterci al passo. Noi possiamo allontanarci quanto vogliamo, ma ci sarà sempre una casa in cui tornare dove quella promessa è custodita, la Chiesa; ci sarà sempre una Madre a cui mendicare la nostra coscienza di cristiani. Maria, che un tempo hai custodito come un seme nel tuo grembo la promessa di Cristo, custodiscila oggi per tutti noi.

I MISTERO: GESÙ RISORGE DA MORTE

«Donna, Ecco tuo Figlio» (Gv 19,26), in questa consegna di Gesù dalla croce, Maria avvertiva il destino di resurrezione che avrebbe abbracciato il mondo, avvertiva che la croce era non la fine, ma la condizione del nuovo inizio. La presenza di Cristo sarebbe stata a lei più familiare e più concreta di quando lo aveva avuto in grembo, di quando lo teneva tra le braccia per farlo giocare. Cristo sarebbe stato vivo nell’impossibile unità tra i suoi discepoli, di cui lei era ora più madre che mai. E i suoi discepoli, «lo dissero ad altri amici, e poi ad altri amici, poi ad altri amici ancora. Così passò il primo secolo, e questi amici invasero con la loro fede il secondo secolo e intanto invadevano anche il mondo geografico. […]. E poi questi del secondo secolo lo dissero ad altri che vissero dopo di loro, e questi ad altri dopo di loro, come un gran flusso che si ingrossava, come un gran fiume che si ingrossava, e giunsero a dirlo a mia madre - a mia mamma. E mia mamma lo disse a me che ero piccolo» - così ci ricordava don Giussani. Questa è la potenza della risurrezione di Cristo. Cristo ci raggiunge, ancora oggi, più di duemila anni dopo sua nascita; ci è venuto incontro rivelandoci a noi stessi. Volti, facce, incontri, hanno reso viva per noi la presenza di Cristo. Di tutti questi volti, Maria è la madre. «Donna, Ecco tuo Figlio”; figlio, «Ecco tua madre!» (Gv 19,27)

II MISTERO: GESÙ ASCENDE AL CIELO

Ho sentito spesso raccontare da mio zio di quando, seminarista nel pieno dell’adolescenza, indugiava davanti allo studio del rettore, incerto se porgli una questione spinosa, una grande obiezione insorta nei confronti della sua vocazione. Il Rettore, come è usuale nell’esperienza cristiana, precedette la domanda, rivelandogli che nulla di ciò che è umano, proprio nulla, può essere sottratto all’abbraccio di Cristo. Questo è il contenuto del mistero che pregheremo, il mistero dell’Ascensione: Cristo porta in cielo, cioè nel compimento, tutta la nostra umanità, tutti i nostri desideri, anche quelli che ci appaiono più confusi. Nella sua misteriosità, la nostra umanità ci sembra come una linea spezzata, tesa flebilmente verso il cielo, ma Cristo ci assicura che nulla dei nostri desideri, delle nostre esigenze andrà perduto; tutto troverà compimento in Lui. Quante ferite aperte per le ingiustizie subite; quanto dolore per la separazione fisica che la morte ci impone, anche quella più attesa; quanta riprovazione per i propri errori, specie per quelli che sembrano scritti indelebilmente nella nostra carne. Ma nulla, nulla di tutto questo rimarrà incompiuto; tutto, tutto troverà compimento in Colui che ha vissuto in modo pienamente umano tutti gli aspetti della nostra umanità.

III MISTERO: LO SPIRITO SANTO SCENDE SU MARIA E SUGLI APOSTOLI

Quando erano nel cenacolo e lo Spirito Santo discese, Maria e gli Apostoli si resero conto che avrebbero trascorso ogni giorno della loro vita nello stupore per il miracolo che lo Spirito di Cristo avrebbe diuturnamente compiuto. Compresero che non avrebbero vissuto nella nostalgia dei giorni trascorsi con Lui, ma che il Suo Spirito avrebbe sempre dato calore, energia al loro presente, come ci ha ricordato don Giussani: «c’è una mano che ce lo porge ora, c’è un volto che viene avanti ora, c’è del sangue che scorre ora, c’è una risurrezione che avviene ora. Fuori di questo “ora” non c’è niente! […] Cristo è qualcosa che mi sta accadendo». Così, tu ci hai ricordato nel 1995, come il cristianesimo sia, piuttosto che un «criterio metodologico» da apprendere e poi da applicare, uno «sguardo» da imparare: uno sguardo non lo si finisce mai di imparare». Non si finisce mai di imparare da Cristo che ci accade ora: si impara più cinquant’anni fa da una giovane ragazzina milanese giunta a Catania a far scuola di religione nel suo salotto; si impara ora dal cuore pieno di attesa dei detenuti. Non un criterio da applicare, ma uno sguardo da seguire, perché lo Spirito accade ora. Per questo chiediamo di essere docili all’attualità dello Spirito, una docilità aperta a tutte le circostanze, tanto più aperta quanto più carica della domanda: Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam. 

IV MISTERO: MARIA È ASSUNTA IN CIELO

Il mistero dell’Assunzione di Maria ci ricorda che Cristo non vuole rubarci la nostra umanità, ma vuole renderci pienamente noi stessi per affrontare tutti i problemi della vita. La cosa più triste è che noi, dopo aver incontrato Cristo, dopo averlo riconosciuto, inseguiamo l’aspirazione di metterci la vita a posto: senza più preoccupazioni, senza più cadute, senza più domande. Una vita a posto, ma senza la sua Presenza, per chi lo ha conosciuto, è la vita più triste di questo mondo! «Per alleggerire questo pesante fardello dei nostri giorni, questa solitudine che abbiamo tutti, isole perdute, per evitare questa sensazione di perdere tutto», di che cosa abbiamo bisogno? «Ho bisogno solamente che tu stia qui con i tuoi occhi chiari.» […] Occorre lo sguardo di una presenza capace di stare davanti a tutte le sfide, che documenti l’esperienza che niente di quello che di bello accade nella vita va perduto. C’è bisogno di un rapporto che non estingua il fuoco della nostalgia, ma lo accenda» - ci ricordava Carròn a Rimini. Ce lo testimoniano i nostri fratelli perseguitati in Iraq, che al loro vescovo non chiedevano una soluzione dei problemi, ma la fede per vivere quei problemi: «Sono loro che hanno iniziato a dirmi di avere bisogno di essere più attaccati alla nostra fede. Erano loro a dirmi che erano tornati a vivere dentro le tante difficoltà» - così diceva l’arcivescovo di Mosul.
Allo stesso modo, la Madonna non poteva vivere un istante della sua vita, fino alla morte, senza che lo sguardo del Figlio generasse il Suo sguardo di madre. Il mistero di Cristo si è talmente comunicato alla sua vita, da assumerla in cielo, già prima della fine dei tempi. La fede di Maria e dei nostri fratelli in Iraq risvegli la nostra fede e ci aiuti a vivere tutta la no-stra vita, tutti i nostri problemi sotto la paternità questo sguardo. 

V MISTERO: MARIA È INCORONATA REGINA NELLA GLORIA DEL PARADISO

Dopo due mesi di sacerdozio, come dopo sessant’anni, quel seme cresce lietamente. Forse non tutti i conti tornano, ma cresce un giudizio, un giudizio che incolla tutta la propria umanità a Cristo, come fu per gli apostoli: «Era un giudizio che era come una colla: un giudizio che li incollava. Per cui tutti i giorni passavano manate di colla e non potevano più liberarsi!». Si capisce, allora, perché tutta la loro vita sia trascorsa nella corsa per afferrarLo. Zoppicando, sbagliando mille volte, ma senza mai andare via» (Esercizi). Zoppicando, sbagliando mille volte, ma senza mai andare via, perché se andiamo via da Lui, dove andiamo? Siamo lieti perché Cristo c’è, è il Signore della nostra povera vita, l’unica ricchezza per cui val la pena lasciare tutto, fino a morire come in Iraq. Cristo è re della nostra vita nel senso etimologico del termine, nel senso che la regge, la regge in piedi: «non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). I nostri cuori un giorno saranno chiamati a passare dalla letizia di questo mondo alla gioia dell’altro mondo, quando guarderemo tutta la nostra storia con i suoi occhi, partecipando pienamente della Sua regalità sulla miseria della nostra vita, quando «Cristo sarà tutto in tutti» (Col 3,11). Maria già partecipa di questo sguardo; regina nella gloria del Paradiso, già partecipa di questo sguardo. Già stasera, possiamo guardare alla strada che ci ha portato fin qui e dare un giudizio, riconoscerlo come l’unico tesoro, l’unico re della nostra vita. La letizia dei nostri volti, piena di umile gratitudine per quanto Dio ha fatto, sarà l’inizio in questa terra di quel mare di gloria di cui Maria è già partecipe.

giovedì 7 agosto 2014

PAPA FRANCESCO UDIENZA GENERALE le Beatitudini sono il "ritratto di Gesù, via della vera felicità"

PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 6 agosto 2014


La Chiesa: 3. Nuova alleanza e nuovo popolo
Cari fratelli e sorelle,buongiorno!
Nelle precedenti catechesi abbiamo visto come la Chiesa costituisce un popolo, un popolo preparato con pazienza e amore da Dio e al quale siamo tutti chiamati ad appartenere. Oggi vorrei mettere in evidenza la novità che caratterizza questo popolo: si tratta davvero di un nuovo popolo, che si fonda sulla nuova alleanza, stabilita dal Signore Gesù con il dono della sua vita. Questa novità non nega il cammino precedente né si contrappone ad esso, ma anzi lo porta avanti, lo porta a compimento.
1. C’è una figura molto significativa, che fa da cerniera tra l’Antico e il Nuovo Testamento: quella di Giovanni Battista. Per i Vangeli Sinottici egli è il «precursore», colui che prepara la venuta del Signore, predisponendo il popolo alla conversione del cuore e all’accoglienza della consolazione di Dio ormai vicina. Per il Vangelo di Giovanni è il «testimone», in quanto ci fa riconoscere in Gesù Colui che viene dall’alto, per perdonare i nostri peccati e per fare del suo popolo la sua sposa, primizia dell’umanità nuova. Come «precursore» e «testimone», Giovanni Battista ricopre un ruolo centrale all’interno di tutta la Scrittura, in quanto fa da ponte tra la promessa dell’Antico Testamento e il suo compimento, tra le profezie e la loro realizzazione in Gesù Cristo. Con la sua testimonianza Giovanni ci indica Gesù, ci invita a seguirlo, e ci dice senza mezzi termini che questo richiede umiltà, pentimento e conversione: è un invito che fa all’umiltà, al pentimento e alla conversione.
2. Come Mosè aveva stipulato l’alleanza con Dio in forza della legge ricevuta sul Sinai, così Gesù, da una collina in riva al lago di Galilea, consegna ai suoi discepoli e alla folla un insegnamento nuovo che comincia con le Beatitudini. Mosè dà la Legge sul Sinai e Gesù, il nuovo Mosè, dà la Legge su quel monte, sulla riva del lago di Galilea. Le Beatitudini sono la strada che Dio indica come risposta al desiderio di felicità insito nell’uomo, e perfezionano i comandamenti dell’Antica Alleanza. Noi siamo abituati a imparare i dieci comandamenti – certo, tutti voi li sapete, li avete imparati nella catechesi - ma non siamo abituati a ripetere le Beatitudini. Proviamo invece a ricordarle e a imprimerle nel nostro cuore. Facciamo una cosa: io le dirò una dopo l’altra e voi farete la ripetizione. D’accordo?
Prima: “Beati i poveri in spirito,perché di essi è il regno dei cieli”.[Aula ripete]
“Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati”. [Aula ripete]
“Beati i miti,perché avranno in eredità la terra”. [Aula ripete]
“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”.[Aula ripete]
“Beati i misericordiosi,perché troveranno misericordia”.[Aula ripete]
“Beati i puri di cuore,perché vedranno Dio”.[Aula ripete]
“Beati gli operatori di pace,perché saranno chiamati figli di Dio”.[Aula ripete]
“Beati i perseguitati per la giustizia,perché di essi è il regno dei cieli”.[Aula ripete]
“Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”. Vi aiuto: [ripete con la gente] “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”.
“Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.[Aula ripete]
Bravi! Ma facciamo una cosa: vi do un compito a casa, un compito da fare a casa. Prendete il Vangelo, quello che portate con voi… Ricordate che dovete sempre portare un piccolo Vangelo con voi, in tasca, nella borsa, sempre; quello che avete a casa. Portare il Vangelo, e nei primi capitoli di Matteo - credo nel 5 - ci sono le Beatitudini. E oggi, domani a casa leggetele. Lo farete? [Aula: Sì!] Per non dimenticarle, perché è la Legge che ci dà Gesù! Lo farete? Grazie.
In queste parole c’è tutta la novità portata da Cristo, e tutta la novità di Cristo è in queste parole. In effetti, le Beatitudini sono il ritratto di Gesù, la sua forma di vita; e sono la via della vera felicità, che anche noi possiamo percorrere con la grazia che Gesù ci dona.
3. Oltre alla nuova Legge, Gesù ci consegna anche il “protocollo” sul quale saremo giudicati. Alla fine del mondo noi saremo giudicati. E quali saranno le domande che ci faranno là? Quali saranno queste domande? Qual è il protocollo sul quale il giudice ci giudicherà? E’ quello che troviamo nel venticinquesimo capitolo del Vangelo di Matteo. Oggi il compito è leggere il quinto capitolo del Vangelo di Matteo dove ci sono le Beatitudini; e leggere il 25.mo, dove c’è il protocollo, le domande che ci faranno il giorno del giudizio. Non avremo titoli, crediti o privilegi da accampare. Il Signore ci riconoscerà se a nostra volta lo avremo riconosciuto nel povero, nell’affamato, in chi è indigente ed emarginato, in chi è sofferente e solo… È questo uno dei criteri fondamentali di verifica della nostra vita cristiana, sul quale Gesù ci invita a misurarci ogni giorno.Leggo le Beatitudini e penso come deve essere al mia vita cristiana, e poi faccio l’esame di coscienza con questo capito 25 di Matteo. Ogni giorno: ho fatto questo, ho fatto questo, ho fatto questo… Ci farà bene! Sono cose semplici ma concrete.
Cari amici, la nuova alleanza consiste proprio in questo: nel riconoscersi, in Cristo, avvolti dalla misericordia e dalla compassione di Dio. È questo che riempie il nostro cuore di gioia, ed è questo che fa della nostra vita una testimonianza bella e credibile dell’amore di Dio per tutti i fratelli che incontriamo ogni giorno. Ricordatevi i compiti! Capitolo quinto di Matteo e capitolo 25 di Matteo. Grazie!

Saluti:
Soyez les bienvenus, chers amis de langue française ! En cette fête de la Transfiguration du Seigneur, que votre cœur soit rempli de joie et de lumière en reconnaissant la miséricorde de Dieu pour vous ! Que cette joie et cette lumière transparaissent dans toute votre vie pour être des témoins crédibles de l’amour de Dieu pour toutes les personnes que vous rencontrerez ! Bon séjour à Rome ! Que Dieu vous bénisse !
[Cari amici di lingua francese: benvenuti! In questa festa della Trasfigurazione del Signore, il vostro cuore sia riempito di gioia e di luce riconoscendo la misericordia di Dio per voi! Che questa gioia e questa luce traspaiano in tutta la vostra vita per essere dei testimoni credibili dell’amore di Dio per ogni persona che incontrerete! Buon soggiorno a Roma e che Dio vi benedica!]
I greet the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, including those from the United Kingdom, Norway, Zimbabwe, Japan and the United States. Upon all of you, and upon your families, I invoke joy and peace in the Lord Jesus.
[Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Regno Unito, Norvegia, Zimbabwe, Giappone e Stati Uniti. Su voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace nel Signore Gesù.]
Von Herzen grüße ich die Pilger und Besucher deutscher Sprache, insbesondere die vielen jungen Menschen, die an dieser Audienz teilnehmen. Strahlt auch in eurer Heimat die Freude aus, Christ zu sein, und tragt die Liebe des Erlösers zu euren Mitmenschen. Der Heilige Geist geleite euch auf euren Wegen.
[Saluto con affetto i pellegrini di lingua tedesca, in particolare i numerosi giovani che partecipano a quest’Udienza. Manifestate la gioia di essere cristiani nella vostra patria e portate l’amore del Salvatore ai vostri vicini. Lo Spirito Santo vi conduca sul vostro cammino.]
Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos venidos de España, México, Argentina y otros países latinoamericanos. Hoy celebramos la fiesta de la Transfiguración del Señor. Pidamos a Jesús que su gracia nos transforme a imagen suya, para que viviendo según el espíritu de las bienaventuranzas seamos luz y consuelo para nuestros hermanos. Muchas gracias y que Dios los bendiga.
Dirijo uma saudação cordial aos peregrinos de língua portuguesa, em particular aos brasileiros de Rio Grande da Serra. Queridos amigos, sois chamados a ser testemunhas do Evangelho no mundo, transfigurados pela alegria e pela graça misericordiosa de Deus. Desça sobre vós e sobre vossas famílias a bênção de Deus.
[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua portoghese, in particolare ai brasiliani di Rio Grande da Serra. Cari amici, siete chiamati ad essere testimoni del Vangelo nel mondo, trasfigurati dalla gioia e dalla grazia misericordiosa di Dio. Scenda su di voi e sulle vostre famiglie la benedizione di Dio.]
أُرحِّبُ بالحجّاجِ الناطقينَ باللغةِ العربية، وخاصةً بالقادمينَ من الشرق الأوسط. أيُّها الأصدقاءُ الأعزاء، تذكّروا على الدوامِ أنَّ التطويباتِ هي طريقُ السعادةِ الحقيقيَّة التي يُمكنُنا نحنُ أيضًا أن نسيرَها بالنعمةِ التي يمنحُنا إيَّاها يسوع. ليُبارِككُم الربّ!
[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Preghiamo tanto per la pace in Medio Oriente: pregate per favore! Cari amici, ricordatevi sempre che le Beatitudini sono la via della vera felicità che anche noi possiamo percorrere con la Grazia che Gesù ci dona. Il Signore vi benedica!]
Witam polskich pielgrzymów. Drodzy przyjaciele, nowe przymierze polega na tym, że możemy w Chrystusie doświadczać Bożego miłosierdzia i współczucia. Właśnie to napełnia nasze serce radością i to czyni z naszego życia piękne i wiarygodne świadectwo miłości Boga do wszystkich braci, których spotykamy każdego dnia. Bądźcie ludźmi błogosławieństw, a Boże błogosławieństwo niech wam zawsze towarzyszy!
[Do il benvenuto ai pellegrini polacchi. Cari amici, la nuova alleanza consiste nel riconoscersi, in Cristo, avvolti dalla misericordia e dalla compassione di Dio. E’ questo che riempie il nostro cuore di gioia e fa della nostra vita una testimonianza bella e credibile dell’amore di Dio per tutti i fratelli che incontriamo ogni giorno. Siate uomini delle beatitudini e la benedizione di Dio vi accompagni sempre!]
APPELLO PER IL TERREMOTO IN CINA
Esprimo la mia vicinanza alle popolazioni della provincia cinese dello Yunnan, colpite domenica scorsa da un terremoto che ha provocato numerose vittime e ingenti danni. Prego per i defunti e per i loro familiari, per i feriti e per quanti hanno perso la casa. Il Signore dia conforto, speranza e solidarietà nella prova.
* * *
Cari pellegrini di lingua italiana: benvenuti! Sono lieto di accogliere le Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria – Istituto Ravasco -, le Suore Teatine dell’Immacolata Concezione, le Serve di Maria Riparatrici e le Suore Francescane Adoratrici della Santa Croce, qui convenute in occasione dei rispettivi Capitoli Generali. Saluto i gruppi parrocchiali, i giovani che hanno portato la fiaccola della Speranza per la tendopoli di San Gabriele dell’Addolorata e le famiglie partecipanti alla terza Marcia francescana dalla Sicilia ad Assisi. La visita alle Tombe degli Apostoli accresca in voi il proposito di manifestare in concrete opere di carità la fede nel Signore.
Il nostro pensiero va oggi al Venerabile Servo di Dio Paolo VI, nell’anniversario della morte avvenuta il 6 agosto 1978. Lo ricordiamo con affetto e con ammirazione, considerando come egli visse totalmente dedito al servizio della Chiesa, che amò con tutto se stesso. Il suo esempio di fedele servitore di Cristo e del Vangelo sia di incoraggiamento e di stimolo per tutti noi.
Un particolare pensiero rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. La Festa della Trasfigurazione del Signore aiuti tutti a non perdere mai la speranza, ma ad abbandonarci nelle mani del Cristo che, senza nostro merito, ci ha salvati e redenti. Grazie.



© Copyright - Libreria Editrice Vaticana

AFORISMA DI GIOVEDÌ 7 AGOSTO 2014

“Non andare dove porta il sentiero, vai invece dove non c'è sentiero, e apri una strada.”

Ralph Waldo Emerson 

mercoledì 6 agosto 2014

Aforisma di mercoledì 6 agosto 2014

“Troppo spesso crediamo che Dio non ascolti le nostre domande, mentre siamo noi che non ascoltiamo le sue risposte.”

François Charles Mauria

Islam e gender, ecco le nuove persecuzioni»

Manifestazione in Francia per la famiglia
La cronaca degli ultimi mesi ha visto un’escalation impressionante della persecuzione contro i cristiani in vari Paesi del mondo. Monsignor Athanasius Schneider, dal 2011 vescovo ausiliare di Astana, capitale del Kazakhstan, è uno di quei sacerdoti che ha vissuto la persecuzione contro i cristiani sulla pelle quando da piccolo viveva nella difficile situazione di una famiglia cattolica all’interno dell’Unione Sovietica. A margine di un convegno organizzato a Cracovia, monsignor Schneider ha commentato per “La Nuova Bussola quotidiana” i recenti fatti di persecuzione anticristiana, paragonandoli al “martirio silenzioso” di quei cristiani che nei Paesi occidentali vengono derisi perché difendono la propria fede. Monsignor Schneider non ha dubbi: questa è l’ora dei laici.
Eccellenza, in cosa si differenzia la persecuzione nel mondo sovietico da quella nel mondo islamico di oggi?
«Il comunismo perseguitava tutte le religioni perché era un sistema di ateismo statale che aveva come obiettivo quello di creare una società atea. Nonostante questo era la religione cattolica quella più perseguitata perché noi cattolici siamo compatti in un’unità universale grazie alla nostra unione col Papa. Oggi la persecuzione dei cristiani operata dai terroristi fondamentalisti islamici è un'altra, perché è una persecuzione contro Cristo: vogliono distruggere Cristo nei cristiani che nei Paesi dove domina l’Islam estremista e terrorista devono scegliere tra rimanere fedeli a Cristo o rinnegarlo; proprio come nei primi secoli durante le persecuzioni romane. Ma c’è un’altra persecuzione, quella vissuta dai cristiani in Occidente. Si tratta di una persecuzione non violenta, ma più sofisticata che consiste nel gettare il ridicolo su quei cristiani (sacerdoti, vescovi, laici) che difendono ancora la legge divina. In Occidente la persecuzione non va direttamente contro Dio o Cristo, ma mira a distruggere realmente il concetto di Dio stesso o a sostituire il concetto di Dio con un altro dio che è l’uomo: porre l’uomo al posto di Dio. Questo è l’aspetto più pericoloso e quasi satanico perché Satana si voleva porre al posto di Dio e adesso istiga l’umanità a muovere Dio dal suo trono di creatore per mettervi sopra l’uomo stesso. Così l’uomo vuole essere considerato creatore e comincia a cambiare persino la legge naturale e la creazione come vediamo ultimamente con la teoria del gender».
E proprio la teoria del gender sta penetrando in tutti gli aspetti della società seguendo un percorso che sembra quasi inarrestabile.
«È evidente che quella dell’avanzata del gender è una strategia mondiale che osserviamo in tutti i Paesi, con le sole eccezioni di quello musulmani e di qualche Paese orientale: si vuole sostituire il creatore e distruggere la sua opera più bella, cioè l’uomo creato a immagine di Dio. “Maschio e femmina li creò”: il gender invece vuole distruggere la radice della immagine naturale dell’uomo. I nemici di Cristo vogliono distruggere la base stessa della grazia, che è la natura, e creare un nuovo tipo di uomo né maschio né femmina: in sé è una ribellione contro Dio. È vero, quella dell’ideologia del gender sembra un’avanzata inarrestabile, ma noi sappiamo che Cristo è Signore della storia e che le potenze nemiche che adesso sembrano trionfare con l’ideologia del gender sono in fondo fragili perché Cristo è più forte. Dobbiamo avere fiducia nella Provvidenza divina che è onnipotente e interverrà. È già successo nella storia dell’umanità: quando si arriva al vertice di un degrado morale della società, essa poi crolla e succederà anche con questa perversione della creazione stessa: non ha una consistenza, è un trionfo passeggero».
Qual è il ruolo dei laici e in questa battaglia?
«Uno dei contributi fondamentali e più originali del Concilio Vaticano II e che oggi sembra stia cadendo nell’oblio è quello che definisce il contributo dei laici nella vita della società e della Chiesa. Occorre ritornare alla visione che il Concilio ci ha dato dei laici, i quali devono essere testimoni coraggiosi della loro fede in modo integrale: vivere in pienezza i comandamenti e difenderli. I laici sono chiamati a difendere queste verità divine. Tutti: laici, sacerdoti e vescovi siamo uniti in una famiglia e dobbiamo aiutarci gli uni gli altri».
Ma come si fa quando capita che anche alcuni pastori della Chiesa non abbiano il coraggio di difendere la legge divina o, peggio, iniziano a collaborare con i suoi nemici?
«Il nostro Santo Padre Francesco, a margine di un Angelus, ha detto che i laici devono importunare i vescovi e chiedere loro il cibo spirituale e la dottrina. Sono parole molto utili quelle del Papa, parole da prendere sul serio: i fedeli devono importunare con riverenza i vescovi e chiedere loro la dottrina pura e integrale. Vediamo, infatti, alcuni casi di pastori che non fanno questo o addirittura cominciano a collaborare con lo spirito del mondo o con i potenti del mondo, cioè mass media e l’opinione pubblica anticristiana. Come è possibile per un sacerdote accettare qualche elemento di questa teoria del gender che è completamente anticristiana e antidivina?».
Cosa possono fare allora i laici?
«Anche nelle persecuzioni romane c’erano alcuni, anche se non molti, tra chierici e persino vescovi che hanno collaborato con l’Impero, accettando di bruciare incenso in onore dell’imperatore. Dall’altra parte invece abbiamo splendide figure di laici, persino bambini e fanciulle, che hanno avuto il coraggio di dare la loro vita pur di non mettere un solo piccolo granello di incenso nel braciere. Certamente ci furono molti martiri anche tra sacerdoti e vescovi, ma quella era l’ora dei laici e penso che lo sia anche oggi. Se oggi qualche vescovo brucia l’incenso di fronte all’ideologia del gender (e purtroppo succede) voi laici dovete dare la vostra testimonianza chiara, con il rischio di poter essere ridicolizzati, calunniati e marginalizzati: è un onore subire questo per Cristo! Certamente non dovete accusare i vostri vescovi perché questo non è vostro compito, ma del Papa e poi della storia e alla fine di Dio. Dovete invece pregare per loro perché sono vostri padri nella fede: pregate perché abbiano coraggio e si convertano, scrivetegli con reverenza filiale di essere più coraggiosi e di difendere la legge divina».
Sono diversi i segni che mostrano che in Italia e in Europa i laici stiano cominciando a prendere consapevolezza e a reagire. Pensiamo ad esempio ai casi delle Sentinelle in Piedi e de La Manif pour Tous
«Per me si tratta di segni dello Spirito Santo. Lo ripeto, questa è l’ora dei laici! Penso che dobbiamo sempre più incoraggiare questi gruppi a fare proteste pacifiche, senza polemica, perché si tratta di diritti universali dell’uomo. Fate questo secondo l’adagio di San Paolo “agendo secondo verità nella carità”, perché con la scusa della carità non si lasci da parte la verità. Non dobbiamo fare come chi dorme, ma dobbiamo essere svegli. Il nome stesso “Sentinelle” è bello, dà l’idea di chi è sveglio e vigila».
 Andrea Lavelli

martedì 5 agosto 2014

Aforisma di martedì 5 agosto 2014

“La struttura alare del calabrone, in proporzione al suo corpo, non è idonea al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso.”

Igor Ivanovich Sikorski

lunedì 4 agosto 2014

Aforisma di lunedì 4 agosto 2014


“La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire.”
Albert Einstein

domenica 3 agosto 2014

Aforisma di domenica 3 agosto 2014

“Arriviamo alla verità, non solo con la ragione, ma anche con il cuore.”

Blaise Pasca

Omelia 8^ dopo Pentecoste – 3 agosto 2014 di don Carlo Venturin


1 Sam 3, 1-20     “Eccomi”
Salmo 63             “ Dal grembo di mia madre sei tu il mio sostegno
Ef 3, 1-12             Paolo per rivelazione riceve la vocazione di  annunciare alle genti le ricchezze di                             Cristo
Mt 4, 18-22         Camminare, chiamare, seguire: cambiamento

                             “ O CI SALVIAMO INSIEME, O NON CI SALVEREMO” ( CONGAR )

La metafora della vita come viaggio viene ripresa da Matteo: “Mentre camminava lungo il mare di Galilea”, con una precisazione: si viaggia insieme.

Il messaggio delle tre letture riguarda il susseguirsi di cambiamento, da un luogo a un altro, ma con un confronto reciproco. Di fronte all’insidia dell’individualismo, dell’autosufficienza, l’accento è posto nella comunità in continuo progredire. Samuele, nel sogno, si sente chiamato per nome, non può sonnecchiare, starsene sotto le coperte, si rivolge, andando in fretta, al suo Maestro; da solo non riesce a capire ciò che gli succede.     L’ “ECCOMI”, ripetuto quattro volte, è espressione di prontezza, di disponibilità, di ascolto:   “Parla, il tuo servo ti ascolta”. La sua vita sarà un continuo viaggiare, richiamare, correggere, sorreggere, annunciare anche le tragedie e le amarezze di Israele. Il suo è un dinamismo obbediente, dissonante dal Potere (Saul). E’ il PROFETA. Il Salmo è l’inno all’ascolto, è la consapevolezza di appartenere al Signore, di “essere all’ombra delle sue ali” nel grande viaggio-volo della vita. Paolo, sconvolto, come Samuele, dalla chiamata, non si ritrae, si inoltra in viaggi perigliosi per terre sconosciute, scoscese. Per “rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero… per annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo… e illuminare, per mezzo della Chiesa, la multiforme sapienza di Dio”. Come Samuele, risponde sempre “ECCOMI”. Il suo è un continuo movimento, una conversione simultanea, formando chiese nel nome di Gesù: ci si salva insieme.

Egli è fedele al suo Maestro, instancabile nelle terre di Galilea, occupate da popolazioni ibride, pagane. Gesù inizia non dal centro, ma dalla periferia, da territori occupati da stranieri. Va ad abitare a Cafarnao, cittadina industriosa sul lago, piena di vita e di attività, con tanta gente indaffarata nella pesca e nel commercio. Gesù sceglie di stare tra gli altri che vivono e lavorano, là dove le persone sentono più pesante la fatica del vivere. In questo contesto l’episodio della scelta dei primi suoi compagni di viaggio, persone dedite alla pesca, consociate, appartenenti a una piccola impresa, forse analfabete. Il comando è perentorio:   “SEGUITEMI”. Gesù chiama con sovrana autorità. Altra “pesca” saranno chiamati a compiere: “pescatori di uomini”. La loro vita cambia, un nuovo stile, in continuo movimento, sono chiamati ad essere discepoli al servizio del Regno. Essi rispondono non a parole, ma nelle azioni: “lasciarono le reti e lo seguirono”. Prima condivisero lo stile itinerante del Maestro, poi, a poco a poco, questa convivenza creò tra loro un legame, che si consolidò dopo la Resurrezione del Figlio di Dio. I quattro, con gli altri chiamati per il Regno, si aprono dagli angusti orizzonti del lago ai confini della terra, per perseguire quanto il Maestro aveva ordinato, “per la salvezza del mondo”. E’ la missione della Chiesa, oggi.

In Samuele, in Paolo, negli Apostoli, è avvenuto il cambiamento, hanno assimilato la gioia di poter cambiare, seguendo la Parola e l’esempio del Maestro, la bussola, il “satellitare”. Gesù ha cambiato “la sua dimora”, venne ad abitare la terra, passava da villaggi e città, riprese la Sua “dimora” in cielo. Il cambiamento è una caratteristica essenziale del mondo: dalle foglie delle piante ai fenomeni atmosferici, dalla condizione infantile fino al tempo della maturità. Il cambiamento è la struttura del mondo cosmico, fatto di perenne movimento. La vita di ciascuno si distende su una sequenza di giorni. Talvolta si ha paura del cambiamento, se si è in buone condizioni; si teme che nel tempo futuro le realtà cambino; se si profilano avversità, come malattie, ostacoli, si spera in un cambiamento. Il primo cambiamento autentico è quello che deriva dal decentramento da se stessi, cambiare baricentro e puntare  lo sguardo sugli altri.

Esempio tipico è il Samaritano: alza lo sguardo da se stesso e incontra la supplica dell’altro, diversamente da chi ha proseguito a occhi bassi. Perciò le gioie e i dolori, le domande e le inquietudini del mondo diventano appello per colui che è discepolo di Gesù     “che da ricco che era, si è fatto povero per essere tutto in tutti”. Nel momento in cui si decide di rispondere SI’ al Vangelo si assume la responsabilità della sorte di tutti.                     “Leggendo” il mondo, scrutandolo, negli anfratti più remoti, si presta orecchio alle grida dell’umanità ferita, calpestata colpita a morte. La Chiesa di Gesù diventa attenta operaia di pace, infermiera nell’ospedale da campo, e, come Gesù, passa, cammina sanando e facendo del bene. E’ la Galilea delle genti il campo di Dio e della Chiesa, di ogni credente.


Don Carlo



sabato 2 agosto 2014

Aforisma di sabato 2 agosto 2014

“Se in questo mondo non ci fossero le croci, non ci sarebbe di che meritarsi il paradiso. Le croci, sia interiori che esteriori, sono indispensabili. L'essenza dell'amore scambievole non consiste nel fatto che nessuno ci rechi dispiaceri ma che impariamo a perdonarci l'un l'altro in modo sempre più perfetto. Rimaniamo certi che Dio permette ogni cosa in vista di un bene maggiore.”

San Massimiliano Kolb

venerdì 1 agosto 2014

Scola: senza lavoro l'io si può ammalare

lavoro
l’articolo dell’Arcivescovo pubblicato da “Il Sole 24 Ore” sabato 26 luglio: «Tutte le istituzioni sono chiamate a farsene carico, ma nessuna iniziativa istituzionale può sostituire quella della persona»


Per Freud l'adulto è colui che sa lavorare e sa amare. Affetti e lavoro, insieme al riposo, sono dimensioni costitutive dell'esperienza umana universale: la sanità dell'io domanda che siano vissute in unità ed equilibrio.
Ma se all'uomo manca la “materia prima” perché queste non restino pure potenzialità e si realizzino, se - per stare nel tema di oggi - trovar lavoro o mantenerlo è un'impresa sempre più ardua, il suo io ne patirà le conseguenze, fino ad ammalarsi. Purtroppo non passa giorno senza che la cronaca ci descriva i sintomi, a volte talmente pesanti da diventare irreversibili, di tale malattia. Non basta, tuttavia constatare il dato; occorre capirne la causa. Perché il nesso tra lavoro e affetti è inscindibile? Basta gettare uno sguardo sull'esperienza che tutti, senza distinzione, facciamo in proposito. Qual è il primo e più elementare scopo del lavoro? Mantenere sé e i propri cari. Dire di qualcuno che è un “mantenuto”, soprattutto nelle nostre laboriose terre lombarde (ma non solo), è un insulto. Il lavoro è espressione pratica essenziale degli affetti fondamentali dell'uomo. Se manca il lavoro, se manca la possibilità reale di provvedere ai bisogni di coloro che amiamo, rischiamo di sentirci “incapaci” di amare veramente.
I più esposti al contagio di quella che ho definito una vera e propria “malattia” dell'io sono i giovani. Per loro la mancanza di lavoro può, inoltre, implicare l'impossibilità di guardare al futuro e costruire una famiglia. E un amore che non ha davanti a sé il futuro, un cammino possibile di condivisione e di fecondità, può crescere e maturare?
Il recente Rapporto pubblicato dall'Istituto Toniolo parla del 26% degli italiani tra i 15 e i 29 anni che vivono in condizione di Neet (Not in Education, Employment or Training, cioè non impegnati né a scuola, né al lavoro, né in un'attività formativa). Purtroppo però, ed è allarmante, molti allo stato di Neet si rassegnano fin troppo facilmente; in un certo senso possono perfino accomodarvisi. Se, da una parte, sanno di poter contare sempre sui familiari - da noi la famiglia resta ancora il primo e più solido “ammortizzatore” sociale -, dall'altra questo indispensabile sostegno può trasformarsi in una sorta di acquiescenza deresponsabilizzante.
Così c'è il rischio di finire in un circolo vizioso, restando intrappolati in questa condizione di inattività che fa scadere le motivazioni, deteriora le competenze e perciò restringe ulteriormente le possibilità di reinserirsi con successo nel mondo del lavoro.
Ma, alla lunga, questa situazione diventa insostenibile. Ne è spia eloquente un altro dato dello stesso Rapporto Giovani: mentre la gran maggioranza dei “non-Neet” si dichiara abbastanza o molto felice, in più della metà dei Neet il valore precipita a poco o per nulla felice.
Come affrontare questo drammatico risvolto della crisi? Non certo con un atteggiamento querulo, che si limiti a dar spazio alla recriminazione, né con il capo rivolto all'indietro a rimpiangere il tempo passato. Ostinarsi a guardare e ad affrontare il lavoro con i vecchi schemi mette fuori gioco. Inoltre è lo stesso contesto di globalizzazione in cui siamo inseriti a chiederci di essere sempre di più aperti al nuovo. Per esempio, a lavorare con persone diverse da noi per lingua, cultura, etnia, religione, a risolvere problemi e a incontrare situazioni diverse da quelle per cui ci si era preparati. Parole come flessibilità e mobilità, da non confondere mai con precarietà, che fino a dieci anni fa erano viste con paura e sospetto, oggi sono entrate a pieno titolo nel linguaggio di tutte le politiche del lavoro. E a questo le nuove generazioni, per natura e per formazione, sono molto più pronte di quelle dei loro padri.
Occorre ri-fondare una cultura del lavoro. Imprenditori e sindacati, economisti e politici... tutte le istituzioni che hanno a che fare con il mondo del lavoro sono chiamate a farsene carico. Ma non c'è iniziativa istituzionale, per quanto lodevole ed efficace, che possa sostituire l'iniziativa della persona. È questo il “generatore”, primario e imprescindibile, di ogni cambiamento. E il primo e più radicale è il cambiamento di mentalità (la metànoia dei classici), cioè di posizione della ragione e della volontà davanti a ciò che accade.
Come ho già avuto modo di osservare, tutte le circostanze, anche le più difficili e contraddittorie, non sono fuori dal disegno buono di un Padre fedele e ostinato nell'amare i suoi figli. Da qui derivano due conseguenze imponenti e semplici a un tempo:
1. La realtà che ci è data da vivere, così come ci è data, non è mai ultimamente nemica. «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?».
2. Come in ogni situazione umana, anche in quella del lavoro la dignità sta nel soggetto e non nell’oggetto. Ogni lavoro se svolto nel rispetto del valore e della dignità della persona, è nobile. Questa umile certezza rende tenaci nella speranza e costruttori di futuro.